
Ai primi di giugno
Il mare è una chimera lontana.
Sembra che l’estate sia una cosa
finita già da tempo
e che nuvole malinconiche
se la debbano portare per sempre
via dai nostri luoghi
solitari, remoti, desolati.
Ma perché non sono un poco volitiva
e non vado incontro agli altri con sorrisi
come ombrelloni aperti sulla spiaggia?
Mi sento come una carta sull’arenile
e non lo vedo: lo penso e mi sembra
di non essere mai stata sul mare.
Ma basta che il ligustro mattutino
spanda timido, prudente
il suo profumo d’estate
perché la mente torni familiare
a pomeriggi assolati
quando la gente dorme un poco sfatta
nell’afa calma e il cane
abbaia in lontananza, oltre la siepe.

Questa è una copia dal vero , ciò che mi riesce meglio. Quando le dipingi, le cose sembrano sul punto di andarsene via per sempre. Colpa della luce che cambia continuamente . Così tu corri e corri per cercare di ritrarle, ma le cose galoppano via e tu ti ritrovi sfinita a guardare un dipinto che non sembra neanche tuo, come se un folletto lo avesse portato lì per farti una sorpresa

Anno 2018
Poco prima delle festività natalizie i bambini ricevevano in dono agrumi profumati, negli umili inverni della mia infanzia. Rivedendoli, sono tristemente felice. Basta sfiorare con le dita la pelle per sprigionarne l’aroma così mi vesto di loro, anche senza mangiarli.

Ali Vorrei che i miei pensieri
fossero lieti come ali
variopinte di farfalle tropicali
così tu li capiresti tutti
come fai e silenziosamente
ma inesorabilmente
saresti felice.
Com’è difficile la vita!
Mi piacerebbe frullare i pensieri
e buttare tutto nel lavandino
per rimettere a nuovo la testa
libera finalmente da me.
Così ce ne andremmo lontano.
Lontano da ciò che ci porta
ogni giorno
una spessa
cortina di fumo

Il vaso “Contessa” vuol dire Natale, anzi: preparativi per il Natale, quando questo vaso era decorato di nastri rossi intrecciati sulle anse, di agrifoglio, di bacche amaranto, di rami d’abete e la festa si spandeva intorno come il profumo dell’inverno arrivato da poco. E c’erano tutti, ma proprio tutti. Giovinezza: sei dietro l’angolo ma io ti sento così definitivamente lontana…

Camminava nella sua casa scura, vuota di luce, immersa come in un buio liquido caldo; camminava e pensava al mare, ai suoi aquiloni-meduse, tesi d’aria come maniche a vento, accompagnata dal corallo moro del Mediterraneo, dall’airone con le ali rosa e dalle campanule azzurre.
Il mare spumeggiava di cavalli bianchi e lucenti, imbizzarriti nel loro incessante andivenire.
Giornate di sole caldo. Giornate di luce: ah, la luce, amabile luce! Luce divina.

Chissà che cos’era l’acqua di ramaglia. È scritto un po’ in latino, un po’ in italiano e un po’ in spagnolo, come si usava parlare in Italia fino a non molto tempo fa, soprattutto dalle mie parti.
Forse i contadini facevano una specie di vino con i rami delle viti? O piuttosto lasciavano nell’acqua i rami del limoncello o della menta tritati per ricavarne una bevanda deliziosa, come usiamo fare anche oggi nella lunga e calda stagione estiva?
Non so.
Io ho preso l’anfora e l’ho disposta nella mia composizione mobile, che faccio e poi disfo tutti i giorni, mantenendola solo per il tempo della pittura. Non mi serve a niente, in realtà: io dipingo ciò che ricordo, o che voglio ricordare. Mi dà sicurezza, e questo basta.

Olio su tela cm 20×30 Anno 2018
Imperturbabile primavera, arriverai ancora nel tuo leggero abito di vento?
Nell’aria grigia, inventiamo antichi profumi respirando l’umido presagio della pioggia. Forse, domani il sole splenderà ancora, nuovo e vitale, su di noi che restiamo in silenzio, ad aspettare.

Olio su tela Anno 2020
Ero andata a dipingere fiori sparsi sul prato ed ero concentrata sul lavoro.
Alzai d’un tratto la testa, sentendomi osservata.
Le mucche mi si mostrarono in cerchio ed io, seduta sull’erba, ebbi paura.
Con la zampa fregavano il suolo per caricarmi, per uccidermi, o forse solo per annusare quello strano intruglio che dovette sembrare loro il mio quadro.
Ma quando una di esse si azzardò a mettere il muso sulla mia tela, mi alzai di scatto e la difesi con furore, con tutta la mia piccola forza, con tutta la mia fragile ferocia.
E le mucche andarono via piano, turbate. Sento ancora nella testa il ciondolare lento dei loro campanacci lontani.
Alle mucche maremmane dedico questo mio quadro, con gratitudine.

Silenzio. Nella stanza vuota senza te
ascolto ‘Silence’ di Beethoven, desolatamente orfana della tua voce
che accompagna la mia pittura. Voce che mi ha fulminato prima ancora di
conoscerti, prima ancora di vederti: dietro di me mi hai chiesto una matita e la tua voce mi è entrata nel cuore come una fucilata.
Ora non parli mai, oppure parli poco: non puoi.
Così dipingo questo quadro perché mi parla, lui si che mi può parlare, delle cose perdute, di tutto quello che pensavo dimenticato. Dipingo, ascolto e mi faccio compagnia, desolatamente, ‘Silence’.
Silenzio

Caro, sei tu ?
Stentava a crederlo. Quante volte lo aveva chiamato? Ma lui niente, muto come la polvere.
Era più alto, più snello e più arrogante: ma la sua voce era carezzevole, come una preghiera.
E tu, sei davvero tu? Ma guardati: dov’è finita la tua bellezza. Non ti vergogni ? E mentre lo diceva le lacrime gli scendevano sul viso. Non ci volle molto. All’alba, la portarono via.
Per Annamaria, mia sorella

Un fiore bianco come il tuo nome
piccolo come un fiocco di neve
morbido come il tuo abbraccio
delicato senza peso, dall’aroma struggente:
pareva di abbracciare la tua anima.
Una vita passata a pensare ad altro
non cancellerà dal mio cuore
il tuo sguardo lontano, il tuo sorriso triste.
Alla mia mamma Bianca

Olio su tela cm 50 x 50
Anno 2019
Lei amava giocare a carte. Si divertiva come una bambina e quando vinceva le brillavano i grandi occhi neri, talmente scuri da non distinguerne l’iride.
Dipingere le carte trevigiane è stato come restare con lei, giocare e farla vincere, per poi sentire ancora la sua risata danzare nella piccola casa.

Olio su tela cm.50×50
Anno 2019
Innanzi tutto il cielo imponente di nuvole gravide di promesse di pioggia. Poche rondini si attardano a nutrirsi d’improvvidi insetti ubriachi di vento.
E il mare. Ah, il mare minaccioso
denso come il fogliame di luglio!
E quel piccolo busto di gesso o di pietra sporcata dal tempo che spunta da un improbabile indumento troppo ruvido per essere indossato.
La borsa di cuoio fiorentino lascia la sua calda scia di concia e s’accuccia noncurante su se stessa. Si possono ricordare giornate di sole passate a vagare sovrappensiero per le strade di una Lucca qualsiasi, guardando il tosto lustro consunto della borsa di cuoio fiorentino selvatica, elegante, vitale come il mantello di un cavallo baio. La gardenia ancora
miracolosamente bianca spande
il suo ultimo profumo come un grido di addio

Olio su tela cm.50×50
Anno 2019
Alla fine delle rappresentazioni, le prime donne erano omaggiate con grandi mazzi di gladioli, che si sarebbero potuti vedere in distanza, date le loro grandi dimensioni. Forse, proprio per questo, mio padre era solito regalarmi un mazzo di gladioli rosa cipria per il compleanno.
Lo aspettavo in cima alla scala e, quando entrava nell’atrio, tendevo l’orecchio per sentire il rumore del cellophane che avvolgeva i fiori. Allora gli correvo incontro e lui mi porgeva i fiori, proprio come ad una diva. Era un mazzo enorme, pesantissimo per una bimba di pochi anni, e lo trascinavo su per le scale a fatica. Ma mi sentivo una una vera star. Mio padre aveva capito tutto: per me, era quello il regalo più bello.

No, non era una cosa vera. L’aveva inventata una notte, quando il sonno non voleva arrivare nonostante avesse posto in atto tutti gli accorgimenti possibili, compreso lo sciroppo per la tosse che, come diceva il suo nome, faceva restare stecchiti coloro che lo assumevano. Nonostante che snobbasse questo concetto, trovandolo da provinciali incompetenti, le idee le venivano nottetempo. Non sempre erano buone, però: a volte le scartava il mattino seguente, quando, con un macigno sulle spalle, si ritrovava a prenderle stancamente in esame. Non dormire per questa stupidaggine? Ma che follia!
Allora anche questo dipinto è una follia? E che cosa non lo è mai, una follia?

C’era una limonaia sulla spiaggia, in riva al mare. Di sera, andammo a vederla per respirare l’aroma insolito dei limoni e del mare, mescolati in una strana simbiosi. Tu non resistesti, cosa incredibile per una persona con il tuo autocontrollo, e staccasti due limoni maturi da una pianta.
Corremmo via come due ladri: questo diventammo, complice la serata dolce, un poco sfatta dal caldo opprimente del pomeriggio infuocato.
La scala era faticosa, erta, consumata.
Il profumo di quei due limoni maturati al sole d’agosto invase la stanza spoglia.
Ricordi?

Anno 2023
Un fiore bianco come il tuo nome
piccolo come fiocco di neve
morbido come il tuo abbraccio
delicato e senza peso
dall’aroma struggente:
pareva di abbracciare
la tua anima.
Una vita passata a pensare
ad altro
non cancellerà dal mio cuore
il tuo sguardo lontano
il tuo triste sorriso.