
Olio su tela Cm.30×40
Anno 2020
Un giorno, il prete ha detto che gli Angeli non hanno ali ma che vivono in mezzo a noi. Sono persone forti, che il Signore ha messo vicino a chi ne ha più di bisogno perché non sia solo ad affrontare il peso della vita. Anche a me, che sono così fragile e sola, il Signore ha messo vicino un Angelo. E quell’Angelo sei tu. Non basterà la mia vita per ringraziarlo di questo.

Per la meravigliosa festa di Santa Lucia, le
avevano regalato un cucciolo biondo, che tremava di paura nel cestino dov’era stato nascosto per renderlo sorpresa. Come lo vide, lei lo prese in braccio e lui, sentendo il suo rassicurante tepore, si addormentò beato.
È incredibile come gli animali riescano a capire l’amore. Hanno l’ istinto che li guida, oppure siamo noi umani troppo deboli, insicuri, insensibili, costruiti, per non capire chi ci ama veramente e di cui ci si può fidare?
Così lei amava il suo cane, che le cresceva vicino bello e forte. Anche se stava diventando grandicello, aveva mantenuto la dolce abitudine di sonnecchiare tra le sue braccia, dopo le corse in campagna. E lei se lo coccolava felice, orgogliosa di faticare un poco portandolo in braccio, così deliziosamente morbido e pesante.

Aveva trovato il coraggio di farsi conciare in quel modo cominciando da un tatuaggio, una piccola rondine dietro al polso, nascosta dal cinturino dell’orologio. E gli era piaciuto.
Poi, ne erano seguiti altri: dietro alle orecchie, sul braccio sinistro, sulle scapole, e infine sul petto. Le gambe non le aveva toccate: gli sembrava roba da donne.
I capelli erano venuti di conseguenza.
A volte si svegliava nel cuore della notte e si toccava la testa. Poi, col passo del leopardo, guadagnava lo specchio del bagno per rassicurarsi che tutto andasse bene così. Pensava che sarebbe andato sempre bene così, anche da grande, come diceva, cioè da vecchio. Ma si, la vecchiaia era così lontana, una faccenda che toccava agli altri, non a lui. E la sua barba bionda sarebbe rimasta così per sempre.
Ne era valsa la pena: piaceva alle donne. Quasi a tutte.
Non voleva ammetterlo, ma si era combinato così per Lei.
Ma forse lei non lo vedeva proprio. Forse, perché una volta era arrossita, passandole accanto. Almeno, gli era sembrato.
Era bellissima. Lei così lontana.

Doveva essere una bambina bella, con quegli occhi seri, da perdersi dentro.
Sicuramente ne era consapevole.
Poi è successo qualcosa e le sembrava che tutti capissero, provava vergogna.
Era Lui, l’Amore?
Lo vedeva passare di mattina presto, andando a scuola. Una volta lo ha persino sfiorato, svoltando l’angolo della strada. Si era sentita morire: aveva un profumo di mandarino, di sapone di Marsiglia e una punta amara di neroli. Sorprendente su di lui, così bello e selvatico. Quel profumo leggero leggero, sottile come un alito di vento, le si scolpì nel cuore e lo cercò invano tutte le mattine, all’angolo di tutte le strade. Lui così lontano.

Perfino il naso non è più quello di una volta. Così si è lasciato andare, salutando l’antica barberia.
Da anni spera che un miracolo cambi la sua vita: sopravvive, non si può neanche definire vecchio. Ma perché gli altri trovano anziano uno della sua età? Perché la gente non si fa i fatti propri?
Bei tempi quando, per essere felice, bastava contare le rondini del cielo, che comparivano di colpo dalle nubi lontane: un punto, due, quattro ed era subito la bella stagione italiana, lunga lunga che non finiva mai! La bella stagione dai mille profumi, col mare e con le lucciole nei campi, quando il sole si nascondeva in mezzo agli alberi e là, come un diamante, brillava Venere, prima di sera.
Sarà così anche quest’anno?
Per te che sei giovane, può darsi. Per lui, sarà ancora più bello. Tutto ciò che si ritrova e si credeva perduto, è una cosa meravigliosa.

Quando la terra trema
mi avvolgi le spalle con dolcezza
come se fossi un cucciolo. E mi sorridi
così non ho paura.
Quando annaspo nei sogni cattivi della notte
ti avvicini piano per calmare il mio affanno
col tuo corpo prezioso.
Capitano, mio capitano
hai trasformato il mio deserto d’amore
In un’alba fiorita. Con te sarebbe bello
anche morire.

Sai? Pensavo, prima, mentre stavo dipingendo tutti quei tuoi capelli.
Pensavo che tu, fra poco, non sarai più così.
Tempo qualche anno, lascerai la tua criniera fulva, orgoglio della mamma e delle nonne, sul pavimento di una qualche barberia. Ti troverai finalmente una persona che non ti dica ogni due secondi quanto sei bello e, magari, la sposerai.
Così, per caso, un giorno lei troverà uno scatolone pieno zeppo di foto tue, le guarderà incuriosita e ti dirà: “ma questo, eri tu?”
E tu ricorderai quando la gente, per strada, ti guardava come lei stava guardando le tue foto: con gli stessi occhi pieni di ammirato stupore. Da quanto tempo la gente aveva smesso di guardarti così?
All’epoca, tu pensavi che fosse naturale. Che sarebbe sempre stato così, cioè che, entrando in un locale, tutti si sarebbero sempre ammutoliti per un attimo, per ammirare il tuo splendore strano, affascinante, remoto.
È la vita, ragazzo bello. La vita tanto più toglie quanto più dà.
Fattene una ragione.

Non riesco a pensare a lei come ad una donna. Per me è un folletto bruno coi capelli danzanti e la pelle dorata dal sole.
Mi meraviglia il modo pieno di stupore con cui si accosta alla natura o la noncuranza nel raccogliere i bei capelli scuri in una coda di cavallo.
Rimane, perciò, nel mondo incantato dell’infanzia, mentre infila i piedi nudi nelle sue scarpette verdi….

Gli occhi sono lo specchio dell’anima? Non so.
Secondo me, gli occhi sono lo specchio dei sogni e la bocca è lo specchio del cuore.
Se un cuore è spezzato, non ruesco a vederlo dagli occhi, bensì dalle pieghe amare attorno alla bocca, che vi giace dentro, riarsa, mentre gli occhi, più in alto, continuano a sognare.
Ma la tua bocca è fresca come i petali di un fiore così, per pudore, ripari i tuoi sogni con gli occhiali da sole.

piccolo ritratto di Simonetta e del suo gesto
Olio su tela cm.23×30
Anno 2020
Passava davanti allo specchio con un certo timore: qualcuno le aveva detto che sarebbe saltato fuori Satana, se si fosse specchiata a lungo. Questo la inquietava, soprattutto nella penombra della sera, quando il crepuscolo lasciava lunghe ombre sui pavimenti lustri e consumati delle stanze vuote.

Da piccolo stavo coi miei fratelli in una casina e dormivo in una scatola di cartone. Ogni tanto c’erano delle persone che entravano nella casina e ci guardavano. Qualcuno dei miei fratelli se ne andava via con loro.
Un giorno ho lasciato anch’io la casa piccola e sono entrato in un posto buio. Avevo tanta paura perché questo posto si muoveva velocemente e faceva rumore.
Ma dopo mi hanno portato in un luogo bellissimo. Era sera e io ero tanto stanco. So che sono stato lavato con acqua tiepida e che c’era un venticello caldo che mi asciugava mentre mi accarezzavano e mi dicevano cose belle. Mi hanno fatto anche bere acqua fresca ma io avevo tanto sonno.
Il giorno dopo ho visto una distesa enorme verde, con fiorellini bianchi e gialli e tutti mi parlavano con dolcezza .
Ho mangiato cose buonissime ed ho corso tanto. Ho giocato con la mia nuova famiglia ed ero felice.
Poi sono tornato nel posto buio che correva e correva. Sono stato lì tanto tempo: non saprei dire. La mia famiglia è arrivata qui, dove il cielo è grigio e cadono foglie fredde e bianche, come piccoli petali gelati di fiori trasparenti. C’è aria, ma è fredda e le porte sono quasi tutte molto alte e non si possono varcare. C’è tanta gente là fuori, è seria e cammina svelto. Ci sono scatole altissime, che s’illuminano di sera, e luci e cani tutti legati ai loro familiari.
Ma non ci sono i rami d’olivo, da trascinare di corsa mentre la mia famiglia è allegra, e il sole dolce, che scalda il pelo, è andato via.
Dov’è il mio giardino?


Olio su tela cm. 90 x 74,5
Anno 2019
Per gentile concessione del Signor Matteo Büttner
C’è un posto dove le persone possono dimenticare la propria identità, il proprio status sociale, la propria età. Un luogo magico che brilla di luci la sera, e si riflettono sull’acqua che sa di anguria e di cipria della vecchia Zia. A Venezia si può perfino giocare come bambini, stando attenti a non cadere in acqua. Ma tanto, anche se si cade, si sa che tutti saranno pronti a tirarti su di corsa, fra scherzi e risate, per poi offrirti qualcosa di caldo e forte come un buon vin brulé, in una tazzina di vetro di Murano. E tornerai a casa barcollante ma felice, bagnato ma riscaldato nell’anima e dai vestiti dei tuoi salvatori sconosciuti.

Olio su tela cm. 50×50
Anno 2021
Un raggio fioco di luce fredda illumina lo scorcio del tuo viso. Sei un giovane uomo che non conosco. Ho il cellulare pieno di foto tue e non ti conosco. So come sono i tuoi occhi, i tuoi capelli, le tue mani, e ti ho visto crescere poco a poco, ma non conosco i tuoi pensieri. Così mi sono stupita della tua repentina, insolita scelta di carriera e di vita. Ogni volta che vedo al telegiornale qualcuno che fa il tuo lavoro prego per te e dico al Signore che ti conservi sano, forte e coraggioso come sei. Sicuro della tua fresca, solida vita. E ogni volta, mi stupisco di te. E, in fondo al cuore, ne vado fiera.

L’avevo visto in una fotografia digitale e in una piccola clip, ma quando ho potuto toccare i suoi riccioli di seta che fanno apparire dolcemente grassocce le membra delicate e quasi senza peso, ho capito che non avrei mai saputo ritrarlo veramente.
Come mettere sulla tela quello strabordante desiderio di manifestare il suo affetto, la gioia di conoscerti, il suo amore per te, per tutti, per la vita? Batte perfino la testolina sul terreno per fare capriole in un impeto di felicità, mordicchiandoti le mani, tuffandosi maldestramente sul tuo viso per farti capire, col tartufo fresco e le orecchie ad aeroplano, quanto ti vuole bene! Whisky è un cucciolo di quasi quattro mesi di lagotto romagnolo, un concentrato di vitalità nuovo di zecca, un inno alla vita che trascina frasche di olivo più grandi di lui per il giardino, per farti vedere che lui è bravo, che lavora bene, e poi crolla, distrutto dalla fatica, in un angoletto ombroso e dorme come un bambino. E se lo chiamo Temistocle, o Asdrubale, o Arcimboldo per fargli uno scherzo, lui viene di corsa lo stesso, tirandosi dietro piccole margherite e fili d’erba impigliati nel pelo, raccattati prima, rotolandosi sul prato.
Ma quando ė l’ora di accomiatarsi , si accuccia serio serio e gli tremano le zampine di paura.
Non ci vedremo più?
No, Whisky. Non so quando, ma ci rivedremo. Ah, se ci rivedremo!

Camminiamo ancora sull’arenile
ora come allora
ed è passato appena qualche giorno
dalla baldoria del ferragosto:
la gente, dimentica di tutto
giocava nell’acqua torbida.
Ora il silenzio. La sabbia, liscia d’impronte
si stende
come una veste di seta chiara
e si lascia lambire
dalla trina lunga e spumosa
delle onde leggere
terse, pulite e impalpabili
come il gioco di luci
sul tuo viso
che cerco invano di afferrare
nella fissità d’una foto.
Una miriade di ombrelloni
chiusi
dritti e allineati come soldati
è ciò che rimane
della popolosa estate
che si dissolve
in foggia di nuvole felpate
enormi batuffoli bianchi
a volte anche un po’ scuri
o un po’ grigi e piombosi
che si stagliano
nell’azzurro del cielo.
Settembre
e l’estate muore così
improvvisamente
e definitivamente
nel cuore limpido e fresco
d’un pomeriggio di sole.